Questa, è una zona liberata
Liberata dal sospetto
Non si scrive per far soldi,
qui
Non è nemmeno poesia, quella che
poi tutti dicono, ma sai,
io non la capisco
Mi piace pensare, a certe persone,
che si muovono: soavi
senza squilli di tromba,
con calma metodica e sguardo lungo
non parlano tanto, sorridono,
ecco si, a volte sorridono
anche se non sembra
Anche se non si vede, sempre
Hanno due cose, eversive:
conservano speranza, e divertimento
E il piacere di condividerle
E’ poco? E’Tanto?
Non so.
Se guardo il sasso pesante
e valuto le mie forze
so, perché lo so, che
non riuscirò ad alzarlo
Ma posso fare tante altre cose,
attorno a quel sasso!
Per esempio, trasformarlo nel
punto in cui ci si ritrova
a regalarsi manciate di versi,
piccole, gratuite, soffici
sovversive
come cani randagi da trasformare
in amici
Buone feste agli amici amiche (e amici animali)
Diavoli e, forconi- fuori dai..
Li conosco, io, i diavoli
dei forconi
Ho vissuto tutto ciò che avanza
di una vita di sessantanni
nelle case delle barriere operaie
Case così povere, e malridotte
in affitto ai meridionali
chiamati dalla Fiat degli anni 50
Dove i bambini dormivano in cucina
sul divano, e l’altro in camera
coi genitori
Dove il bagno era di ringhiera,
e al massimo il balcone te lo
chiudevi col nylon
Dove la domenica camminavi
la via, o a Porta Palazzo
come hanno fatto poi i primi
stranieri poveri
Rumeni, albanesi, marocchini
e cinesi hanno trovato le stesse
case usate da noi emigrati dal Sud
Questi figli dei forconi
sono la schiuma che ti toglie
del cappuccino
ragazzi senza lavoro, o coi lavori
precari, che escono a mattina da casa
dei genitori e rientrano solo
a dormire, dove c’è un padre astioso
perché i soldi mancano, e anche il lavoro
il popolo che mette i banchi al mercato
io lo conosco, son persone che si arrangiano
ma adesso son diventati in tanti i ragazzotti
del marocco o cinesi o africani
e il mercato più grande d’europa, Porta Palazzo
ha merci tutte uguali, cinesi, inutili, a basso prezzo
Non venitemi a fare analisi sofisticate
voi che avete la villa e non sapete niente
questi li han guidati fascisti e capobastone
degli ultrà, ci vuol poco se c’è
un gruppetto ben organizzato e ben diretto
Questo è sottoproletariato che vorrebbe
i soldi di chi li ha affamati
noi vogliamo altro, una società diversa
dove forconi e padroni
non possano più esistere
dove il lavoro è, il sole dell’avvenire
ma soprattutto,
dove i tecnocrati del governo
non riescono a togliere soldi a chi vive
da anni, col poco che gli resta
Si, siamo giacobini, vogliamo
far pagare le tasse a tutti
e anche alle grandi rendite
E’ comunismo? E’ anarchia?
Ci aspetta un duro lavoro
per insegnare a leggere e apprezzare i libri
Il resto seguirà
Lino Di Gianni 15/12/2013
Magi Magari
Magi magari, che assecondano
vite sobrie vissute col senso
di misura di quanta pioggia
assorbe, quella terra
Magi magari, che per una volta
non tocchi sempre a lei
la parte scomoda della vita
quella dove mancano le sponde
e caschi a notte a incubi
Magi magari, senza infante
bue né asinello
che avanzi invece una stella
Una specie di cometa che salta
le frontiere e mischia un popolo
con un’altra lingua
in modo che pure i passeri,
magi magari,
possano gridare a ridere
evviva anarchia che tutti i
potenti, porta via
lino di gianni 7.12. 2013
Al bel fiulin di ier sera, ai suoi genitori
ai suoi nonni, persone vere
che sanno che la vita morde
ma a volte
è cioccolata al latte con mandorle intere
Esistono parole pudiche,
che si ritirano di
fronte alla bellezza e alla
grazia di un neonato
di quattro mesi
Guardano gli occhi,
per vedere cosa guarda
lui, cosa insegue
ascoltano le orecchie,
per sentire cosa inventa
come suono da animaletto
della foresta
Le sue gambette si muovono
in continuazione,
in corse lunghe e impegnative
nei prati che avrà davanti
C’è una nuvoletta, di panna
e di aria rosa
da cui entra e esce
suggendo il dito
E tutti, attorno,
diventiamo un po’
più leggeri
Della stessa materia di cui
sono fatti i sogni
(lino di gianni) 24.11.2013
Undici undici
Guardava, Edo, guardava
Ora il sasso che diventava prato
Ora l’acqua indurita a ghiaccio
Il fiato sosteneva alberi
invisibile rete per le olive
Nel campanile, la messa
in assenza di fedeli Nel mare, la pesca
in sparizione dei pesci Nelle fabbriche, le auto
Mancando gli operai
Guardava, Edo, guardava
La morìa delle api, nel mondo in misteriosa contemporaneità
Le ragazzine, sempre più piccole
In vendita come l’ultimo modello di iphone
Il lavoro per i giovani, un misterioso tabù scomparso,
a tratti precario, a tratti nullo
Guardava, Edo, guardava
Il filo di Arianna che la donna stendeva
con le sue traduzioni di parole perdute
per ritrovare il senso-dell’uscita-a cielo aperto
Aumentare le pensioni minime
Dimezzare le pensioni d’oro
Creare un paniere di prodotti alimentari d’urgenza, senza Iva
Assumere subito un milione di giovani universitari per aprire
ventiquattro ore al giorno le biblioteche,
farle diventare il centro sociale del quartiere
Guardava, Edo, guardava
I migranti che arrivavano,
con nuove speranze
Lino di gianni 11-11-2013
C’è una strada,
non ricordo dove
tu la prendi e
incontri amici
conoscenti
tira vento spesso
arriva il grano arso
fin sul bordo di un mare
tirato a lucido
come le camicie di Maria
io cammino in silenzio e
guardo ai nuovi abitanti
che hanno ripopolato il borgo
alla donna che era chiusa
e adesso fa l’interprete
Mi piace che queste spore
Generino fiori e radici
Mi piace masticar tra i denti
La spiga di nuove lingue
Ci portano erbe ricordi
Bambini nuovi
Ci portano pianti
Madri lasciate nostalgie
Avremo abbastanza forze
per ripagarli?
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Nell’aria che odora
L’arrivo dell’ Autunno
è quello di
un’ amante segreta
che porta colori dai
viaggi lontani
spezie che incantano
profondità di suoni
e fili colorati
nell’aria stesa
a promessa
di funghi e
castagne
Come se ti dicesse
questo non è che
l’anticipo
di un bacio
Al resto e
ad altre meraviglie
non ci crederesti
mai
(lino di gianni) 23 settembre
Prima di respirare
(La parola grida abbaglia e invoca l’ombra
poiché tale è la sua potenza
che la sua lingua è ormai la mia)
Prima che la residua luce
cancelli ogni parola
io dico che su questo muro
ho inciso una domanda
L’amore è un codardo?
Quella cosa che ti fa
stringere la pancia
per paura di sbagliare
che ti arrossa di calore
improvviso alle guance
quella cosa che tu pensi
sempre all’altro
come se non dovesse venire mai
come se l’avessi inventato tu
lo sappiamo in tanti:
non esiste non è reale
sono favole per bambini
Quell’amore è un codardo
che non sfida mai al duello
che si svolge senza pistole
armati di lunghi sguardi senza parole
Chi sei tu? Come nasci? Cosa pensi?
Cosa senti nella bolla che hai costruito?
quali i fantasmi e gli aquiloni che insegui,
i cordini attaccati ai polsi,
le catene che non vedo?
Quell’amore che non chiede,
che si alimenta di paure e di assenze
che sottrae volti all’amato,
quell’amore è un codardo!
Io voglio credere al grande letto
dove insieme siamo in tre
col piccolo bambino che si insinua
per paura della notte nera
e un po’ è pelle tua un po’ ha
gli occhi miei si nutre di carezze
di attenzioni e di regali non richiesti
Ha una canzone sommessa
rituale di scaccia-paure
è un cerchietto magico
con le piume dei pellerossa
Dentro si catturano sogni
finchè i mostri se ne vanno
Lino Di Gianni 8 settembre 2013
Quei cieli blu blu
con le nubi bianche
di Provenza
che squillano le trombe
e par che dicano
Guardami! Dipingimi!
ecco quelli certo
mi piacciono come a tutti
Però
Preferisco quelle giornate
strane dove non sai mai
se sarà sereno o nuvolo
i raggi filtrano lottando
contro il grigio
l’azzurro lotta per
non farsi soffocare
Come quando hai la paura
di cadere d’improvviso
per uno sbalzo di pressione
un vuoto di senso inaspettato
il gorgo che immobile ti strazia
Poi il sole buca con fili ostinati le nuvole
si rivelano montate a panna
si sente il cancello che cigola
E quando entri tu
sono fragole ciliegie e arance
anche fuori stagione
Il tempo è in tasca
e non ci penso più
Lino Di Gianni 1 settembre 2013
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i capelli lisci, come di bambola
le ciabatte come fosse in casa
una borsa grande coi colori di disney
avrà sessanta, settanta, chi lo sa
parla di macchie, allergie improvvise
strane alla sua età mai sofferto
il marito, avrà la stessa età,
ma con un parrucchino comprato
alla standa sembra quei manichini
invecchiati nelle vetrine
basta aspettare in sala dal medico
o nell’androne di un grande ospedale
ciascuno cammina con la sua casa addosso
il ripostiglio delle pastiglie
il posto dove mette i piatti ad asciugare
le scarpe che si toglie quando entra in casa
accendendo la televisione per non rimanere
senza il rumore di fondo del mondo
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Ehi, c’è vento stamattina
da buttarci foglie e rose
avanzate dal ballo discreto
nell’oscurità della notte
intuivo lo spazio
che occupavi dai piccoli lampi
di elettricità del vestito
ehi, hai lasciato una finestra
aperta così il cuculo mi ha martellato
come fosse in salotto al posto
della vecchia pendola
c’era ancora il bicchiere del latte
prima di dormire, che tu l’abbia
dimenticato mi ha fatto tenerezza
ehi, aspettami alla fermata
conta trenta passi e guarda
dove sei
è un posto speciale dove
salgono e scendono
ma lì ti ho fermata per
incrociare la tua strada
e adesso è cresciuta, l’erba
ehi, tiro su il finestrino
caso mai portasse via
le foto che mi porto dietro
una birretta fresca in cambio
di un sorriso, uno sguardo
divertito e quel tempo che
aspettavamo ma ora il tempo
è qui
19/06/ 2013 lino di gianni
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sono state derubate da bambine
dovevano guardare i fratelli
occuparsi dei fornelli
aiutare la mamma
hanno rubato il loro essere
ragazzine subito guardate a vista
se avevano qualche sguardo di troppo
eppure ridevano ancora con le amiche
appena sono state in età
le hanno maritate perché si facessero
una famiglia loro, che vuol dire
fare un figlio e più in fretta
perché altrimenti cosa sei donna a fare?
poi cresci i figli la famiglia
guarda anche i vecchi anziani
mettici un lavoro perché i soldi
non bastano , forse si allontana
dai parenti serpenti
forse pensa a come far studiare
i figli da grandi
ci vuole poco che si ritrova
a cucinare da sempre, in preda
ad acciacchi e malattie
pastiglie qua, esami là
adesso basta, non cucinerà
più, come se la sera non scendesse
o l’alba non venisse
dice, adesso basta, non voglio
più cucinare, forse solo il pesce
ma solo di venerdì
14 giugno 2013 lino di gianni
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aggiustano bici, che assistono
anziani stando svegli di notte
e di giorno studiano
magari una lingua nuovami piacciono le giovani donne
curiose che ascoltano musica
ma non solo
imparano anche la difficile arte
di non rifiutare l’esperienza
di chi è più vecchio di tedi tutti quelli che hanno sguardi
rapaci e mosse prepotenti
è pieno il mondo e fai in fretta
a riconoscerli
è giusto non cedere il mondo
ai loro telefonini che non sapranno
mai la gioia di raccogliere le olive
né l’ansia di sapere quanto olio verrà
e se buono o acido o amaroin fin dei conti mi piace quando
fin da bambini si esercitano
i piccoli a cercar sogni nei prati
di primo mattino, dopo pioggia leggera
come fossero dei funghi
allegrotti e speranzosiche riempiano gli occhi di sole
venticelli e baleni
scagliati da un arco7/6/2013 lino di gianni
Dedicata a Riccardo (mio nipote)
Scatola per la maternità
Dentro la scatola, lo Stato
fin dal 1930,
quando molte
madri morivano di parto
regala a ogni cittadino
una giornata di sole,
venticello leggero e odore
di basilico, menta e timo.
affinchè la luce e gli odori
beneauguranti siano d’accoglienza.
Nella scatola viene messa anche
una Boîte à musique perché
appena uscito il nascituro
ascolti i NOtturni di Chopin
dimodochè il passaggio tra la
notte del ventre e la luce del giorno
sia lieve
nella scatola troverà posto anche
un piccolo specchio, un sonaglino
e un orsetto di peluche
perché le carezze affettive non
rimangano tutte sulla collina
della madre
In mancanza di capelli, dei dentini
e in presenza di pianto
nella scatola sarà cura dello Stato
metterci tre sorrisi di clown,
un volo d’uccello
e una piccola coccinella
che tracci il lungo, fortunato
cammino che attende
6 giugno 2013 lino di gianni
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NoPasquale tiene una virtù
non deve compiacere a nessuno
E’ analfabeta, ha sessant’anni
portati come fossero ottantantrè
vende il formaggio delle sue capre.
Quando dico qualcosa non sempre risponde.
A volte guarda in fondo al prato
caccia le mosche che lo assediano
pare spostare un poco il cielo
cercare qualcosa
Del televisore vecchio,
ha fatto gabbia di conigli
degli incartamenti necessari
foglietti per la baracca che chiama ritirata
Ha gli occhi vivi la barba bianca
la mattina è vispo con dei rimasugli
d’uovo ai lati della bocca.
Mangia pane e cicoria
e intreccia un cestino
coi rami di un salice piangente
convinto di contenere
con i silenzi che verranno
le lacrime necessarie
per stare a questo mondo
Pasquale esce ed entra dal sonno
durante il giorno
come se stendesse a coltello
la polpa di quell’olio
che ha piantato da giovane
coi raccolti scarsi e quelli buoni
sapendo che da soli
nemmeno una oliva
si trattiene
29/4/2013 lino di gianni
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a col tempo mi sono perso
in quelle di rosa antico
con profumi che non ci sono più
e nei cotoni a burro al sole
dei petali di quelle bianche
letto nuziale delle api
più vanitose
prediligo l’umile margherita
quando si move in gran corteo
con le capottine delle sue
sorelle, un tanto al vento
un po’ al grasso della terra
e una grattatina al naso del vicino
per essere così spettinate
ma il vero rapporto di passione
è quando si annuncia
un odore di gelsomino o di zagare
o il colore sì aspro e selvaggio
delle bouganvilles
come quando correvamo da ragazzo
dove, tra un pallone e l’altro
seminavamo fiori coi pensieri
nostri
dei sogni che avremmo realizzato
come alberi da frutto
la nostra fortuna
è aver conservato qualche seme
e ce lo riguardiamo attentamente
cercando di capire
quale il terreno
quale il momento
e il tempo passa
con quei frutti che maturano
dentro i fiori
27/4/2013 lino di gianni
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il sentiero del bosco
che dal letto conduce
alla giornata
vestendosi a vento
bevendo un caffè
come fossimo su un
battello di merluzzi
in partenza
questa traccia consueta
dei sette otto passi
che configurano casa
e riportano a noi
la vita di oggetti
abbandonati in sonno
queste vite di automi
con traiettorie meccaniche
calcolate al millimetro
con la voce che dice
io scelgo io posso io amo
come fosse un gran traffichìo
angeli e demoni che si spartiscono
al mercato merce d’accatto
e i giovani germogli che
hanno occhi non riempiti
sorprese non esauste
e ancora ventinove o trentuno
cose belle da vedere
io scrivo come una donna sulla
sedia antica che contrappunta
ascoltando sulla tela di lino
rabberciando gli strappi
rimirando il colore
sapendo che prima o dopo
chiederanno del prodotto finito
la bellezza la grazia
e finanche
lo sfogo
10 aprile 2013 lino di gianni
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Dentro un cielo di nuvole
d’un azzurro occhi da folle
un pavone mostra la ruota
mentre il piscio di vacca
ammorba gli astanti
tutti che corrono urlano
si agitano appendono i musi
bocciano con le auto presi
da pensieri di soprassalto
mentre qualcuno prova a
diluire il respiro dando
ritmi lenti sguardi fondi
con i panorami che inquadrano
i cieli in movimento
e le nuvole che stanno ferme
guardano mutuando domande
mentre leggero un pettirosso
da combattimento si fa carta
da cannuccia
di quelle
che con un soffio volavano
via mentre il liquido
gassoso incendiava la favella
ed era Texas a a nove anni
1 Aprile 2013 lino di gianni
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Impression soleil levant
“ Alla fine: chi saranno coloro
a cui avremo voglia
di dirlo?”
Intanto, giunse nella piazza
riconobbe la fontana, la finestra
da cui si affacciava
il negozio del latte le caramelle
la chiesa
O era un’altra, la piazza
la fontana?
Chè forse l’acqua era
difforme da un altrove?
O successe che quando si affacciò,
aspirò ad un fuori
più degno, più risolutorio dei limiti
imposti dalla geografia degli
angoli?
Sua sorella con le trecce e un foulard
in testa, attorno a un monumento
perché allora ti facevano le foto
abbellite da qualcosa, da solo
non bastavi
Sua madre stretta dietro la moto
forse col figlio a casa
o ancora prima di nascere
La coppola del nonno che
toglieva solo per mangiare
come fosse una porta da cui uscire
un vestito per coprirsi
i pensieri
Ha importanza la piazza, la finestra
la chiesa ? il latte che fu bevuto ?
Tutti siamo ancora lì, mentre scartiamo
quella caramella
e tra la carta e la bocca
manteniamo sospeso il dubbio
sull’ averne ancora domani
17 marzo 2013 lino di gianni
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Un treno
Ah! Come un treno a mezzanotte
che salta la fermata
tu sei in sonnolenza
non capisci quando è ora
eppure
in quell’altro posto
tra il caldo della sala e
la polvere sollevata
lui è là.
Pensa.
Mica cose strane, con la mente
quando stava pulendo quei
fagioli, stamani
con la moglie che si lisciava
i capelli, prima di uscire
per andare a badare al vecchio
Pinin, cos’è che gli era venuto
In mente?
Un grido ? una preghiera?
( Ora e sempre, Resistenza!)
E perché, proprio ora?
15 febbraio 2013 lino di gianni
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ma lo sai che adesso
qui vicino alla stazione
devono stare attenti nel buio
perché si fregano i tombini?
eh, dico io
e di fronte a me han rubato,
tolto la porta a picconateEh, mi dice l’amica,
ma lo sai che stasera li han
messi fuori, i rifugiati?Pochi soldi in tasca
e sotto la pioggia
di sera, senza casa alla fermata
del bus: il comune se ne lava le
mani
Eh, dico io
in Ungheria fra un po’ cominceranno
la caccia ai Rome queste donne, ragazze nuove
chiedo loro: c’è l’otto marzo
nel tuo paese?
mi risponde una giovane, è già
sposata, si, e con la mimosa
e l’altra, da ub paese lontano : da me no.In India han violentato perfino
una bambina, a scuola
sarà che prima non si sapeva?Povertà, ignoranza, e violenza
ecco, queste cose son da combattere
per uscire vivi da un altro 8 marzo
giornata di lotta e di luttoFacciamole studiare, pensare, cambiare
le ragazze nuove
che brillino loro gli occhi
come quando ballano,
da sole
come quando cantano,
in compagnia
2 risposte a Lino Di Gianni poesie 2013