Gianni Rodari

Facciamo scegliere ai bambini?-
Sono anni che, da più parti, si denuncia il carattere disumano dello spazio urbano: le strade si sono trasformate in semplici itinerari per le automobili. Niente per la comunità, tutto per il profitto.
Questa realtà non era per tutti visibile a occhio nudo. Lo è diventato nel momento in cui, la domenica, le macchine si fermarono.
«- Le città – è stato detto tanto spesso – non sono fatte per gli uomini, e men che meno sono fatte per i bambini.
Le case di città non sono fatte per i bambini ». Verità dalle quali si poteva fuggire, almeno una volta alla settimana, caricando la famiglia in macchina.
Oggi ci sbattiamo il naso, non possiamo far finta di non vedere, misuriamo tutta
l’insufficienza delle soluzioni private: « In che senso »; è possibile far uscire il bene dal male?
Si tratta di capire che la famiglia non può, da sola, risolvere il problema della domenica in città. Occorrono iniziative sociali. Bisogna investire del problema il Comune, i quartieri, la scuola, tutti i possibili centri di aggregazione e associazione. Solo così può essere affrontata la questione del « tempo libero» infantile.
Vogliamo fare degli esempi banali? Facciamoli. Perché non chiedere che cinematografi e teatri organizzino, la mattina della domenica, spettacoli per i ragazzi, in collaborazione con qualcuno dei centri di iniziativa appena citati?
L’Italia è uno dei paesi europei più poveri di spettacoli per, i ragazzi e i bambini,
A pochi chilometri dal centro vivono migliaia di bambini che non
hanno mai visto il Colosseo e San Pietro. La scuola non ha tempo (o i suoi dirigenti non hanno voglia) di portarceli nell’orario delle lezioni.
Come se l’analisi grammaticale fosse più importante che conoscere la storia e la geografia della propria città. Perché non organizzare la conquista di Roma da parte dei ragazzi di borgata?
I bambini e i ragazzi non fanno sport. Non corrono, per giocare alla palla debbono litigare con i vigili, non imparano a nuotare, a saltare.
Per la verità non imparano nemmeno bene a camminare.
Non è questo il momento delle «lunghe marce », dei raduni in bicicletta, dei minitornei di calcio?
Le organizzazioni che potrebbero occuparsene esistono.
Forse non sono mai state stimolate a sufficienza ad occuparsene. I luoghi?
Quando il problema è sentito i luoghi si trovano.
E in fin dei conti restano chiuse, la domenica, anche le scuole che hanno cortili e palestre.
L’estate scorsa è stato tentato qualcosa in questa direzione. È il momento
di riprovare più in grande.

Gli esempi che precedono non sono un elenco completo, vorrebbero solo dare un’idea della varietà e vastità degli interventi possibili.
Essi si collocano su una « piattaforma » che si potrebbe riassumere in una
battuta: non occupiamoci dei nostri figli come genitori, ma come cittadini.
Il fatto è che come genitori siamo sempre lì, in un modo o nell’altro, al fianco dei figli. Magari ad annoiarli. E quelle che sentiamo come mancanze, sono più spesso mancanze del cittadino, che del padre, o della madre che siano.
Il discorso non è nuovo. Ma forse oggi può essere sentito più a fondo.
Esso potrebbe essere anche più ampio, diventare il discorso generale della riforma delle nostre città, di una «umanizzazione» del loro spazio e tempo.
Ma i discorsi troppo generali possono anche sgomentare. Ci si trova di fronte a problemi talmente grossi che subentra lo scoraggiamento.
Per questo il suggerimento è di far leva su problemi solo in apparenza minori.
Il più modesto di tutti i suggerimenti, a livello di rapporto privato tra genitori e figli, potrebbe poi essere il seguente: se vogliamo – essere veramente utili ai bambini, non ostiniamoci a pensare per loro, a decidere tutto per conto loro, a organizzare il loro tempo secondo i nostri desideri.
Facciamoli parlare. Sentiamoli, prima di decidere. Chiediamo loro che cosa avrebbero piacere di fare. Portarli a Villa Borghese per forza può essere dannoso come metterli in castigo. Diamo loro una scelta. E se proprio ci teniamo a vincerli, vinciamo i con l’immaginazione, non con l’autorità.

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